LA SEDE STORICA DEL “DA VINCI – DE SANDRINELLI”

L’Istituto Statale di Istruzione Superiore “Leonardo da Vinci – “Scipione de Sandrinelli” è ospitato in un ampio e luminoso edificio che sorge sul crinale a cavaliere dei colli di San Giusto, San Vito e San Giacomo, dove un tempo si estendevano le proprietà dell’on. Giuseppe Basevi, deputato della Camera di Commercio, lasciate in dono al Comune di Trieste, la cui villa, un tempo attigua alla scuola ed oggi scomparsa, ospitò la prima sede del Museo di Storia Patria e del Risorgimento.

L’Istituto, posto a pochi minuti di distanza dal centro cittadino, per la sua posizione dominante è osservabile da tutta Trieste e permette di spaziare da Duino a Pirano e più in là, verso l’Istria interna, fino alle alture del Taiano.

L’edificio, in limpido stile eclettico che ricorda l’architettura britannica di fine Ottocento, è di Giorgio Polli che agli inizi del XX secolo operò a Trieste lasciando significative costruzioni, dalla Pescheria Centrale al Monte di Pietà, dai palazzi Artelli e Chiozza al Liceo Scientifico “Guglielmo Oberdan”.

La tradizione educativa
Trieste vanta un’antica tradizione scolastica nel campo nautico, commerciale e tecnico: al 1754 risale l’Accademia per il Commercio e la Nautica, del 1862 è la Scuola Civica Reale Autonoma, nel 1877 il barone Pasquale Revoltella fonda la Scuola Superiore di Commercio, sul modello dell’”Export Akademie” di Vienna, nucleo della futura Regia Università di studi economici e commerciali, nel 1887 nasce l’I.R. Istituto Industriale per la formazione di capi d’arte, artieri e per l’istruzione femminile.

Secondo l’ordinamento scolastico austro-ungarico si accedeva alle Scuole Reali Superiori, dopo avere assolto l’obbligo nelle scuole cittadine, fino all’ottava classe, anche all’interno delle medesime per le ultime tre, previo il superamento di un esame di ammissione. Già dal 1867 le Scuole Reali Superiori avevano perso le competenze tecnico-professionali per assicurare un indirizzo scientifico preparatorio agli studi di tipo universitario.

L’amministrazione comunale liberalnazionale, intendendo la scuola come uno dei campi della battaglia culturale etnica e religiosa, impegnò notevoli risorse nella creazione di scuole popolari ed istituti superiori di lingua italiana che si contrapponevano a quelli in lingua slovena e all’istruzione tedesca, oltre che a quelli privati ecclesiastici.

Le origini
Le origini dell’attuale Istituto risalgono al 1904, quando fu aperta la succursale della Civica Scuole Reale Superiore dell’Acquedotto (oggi viale XX settembre) nell’edificio scolastico comunale di via delle Scuole Nuove (oggi via Frausin) nel rione di San Giacomo.

Nel 1910, quando la scuola dell’Acquedotto divenne Secondo Ginnasio Comunale Superiore, ottenne un periodo di formazione autonoma come Civica Scuola Reale Superiore di San Giacomo e tre anni più tardi, ormai “Scuola completa Intendente”, entrò il 1 febbraio 1913 nell’attuale sede di via Paolo Veronese, considerata allora tra i più funzionali edifici scolastici della città. Dalla classe prima alla quarta corrispondeva alla Reale Inferiore Scuola Tecnica, mentre dalla classe quinta alla settima era un Reale Superiore Istituto Fisico-matematico.

Nel 1915, in piena guerra, le autorità scolastiche austro-ungariche decisero di sottoporre a un più stretto controllo le scuole di lingua italiana di Trieste e l’ordinamento precedente fu soppresso ed uniformato al resto dell’Impero, così l’Istituto divenne Civico Ginnasio Superiore di San Giacomo, ritornando succursale della Civica Scuola Reale Superiore dell’Acquedotto.

Alto è stato il tributo pagato alla Grande Guerra, con ex allievi e docenti caduti tanto nell’esercito austro-ungarico quanto sul versante dell’irredentismo giuliano ed altri deceduti per causa dell’epidemia della “febbre spagnola”.

L’Istituto Tecnico
Il 4 dicembre 1918 assunse la denominazione di Istituto Tecnico Comunale intitolata a “Leonardo da Vinci”, corrispondente per l’ordinamento scolastico italiano alla Scuola Tecnica triennale e all’Istituto Tecnico con sezione fisico-matematica quadriennale.

L’intitolazione fu suggellata da una cerimonia di gemellaggio con l’omonimo Istituto di Roma che fece dono di una copia della lupa romana. Il successo della scuola fu tale che, nel volgere di un biennio, furono allestite ben nove classi prime e gli allievi delle prime tre classi della Scuola Tecnica trovarono sistemazione nella succursale di via San Giorgio.

Il 1° ottobre 1922 assunse la denominazione di Regio Istituto Tecnico e, con l’applicazione della Riforma Gentile, si ordinò sulle otto classi, quadriennio dell’Istituto Inferiore e quadriennio dell’Istituto Superiore per il Commercio e la Ragioneria, mentre la sezione fisico-matematica cessò nel 1925.

L’Opera Nazionale Balilla costituì nell’istituto, che disponeva di due palestre e un attrezzato cortile per le attività ginniche, la sede del Comando della I Coorte della CCICVIII Legione “Oberdan”, poi confluita nella Legione mista “Polonio”. Le crescenti esigenze di spazio determinarono nel 1930 l’apertura di una succursale in via del Lazzaretto Vecchio n. 24 e qualche anno più tardi l’innalzamento di un piano di tutto l’edificio.

Gli ambienti furono decorati a gesso su disegno di Mario Furlani: opere andate perdute nei rifacimenti successivi.

Col Decreto Reale del 31 agosto 1933 fu modificato il profilo dell’Istituto e costituita la sezione Geometri accanto a quella Commerciale: vennero allestiti gabinetti scientifici e fu istituito un funzionale “Banco modello” simulante un’agenzia bancaria e un ufficio commerciale. I futuri geometri potevano invece sfruttare il sottostante giardino Pontini e le vie adiacenti per la pratica di rilievo topografico e misurazioni.

L’Istituto poteva contare su un prestigioso corpo docente, strettamente legato al mondo del lavoro, in grado di formare le nuove generazioni senza far mancare il necessario apporto di cultura umanistica.

Sarà sufficiente ricordare, tra gli insegnanti di allora, i pittori Giovanni Craglietto, Tiziano Perizi e Ferdinando Noulian, il matematico Attilio Nordio, i giurisdizionalisti Emanuele Flora, Corrado Jona e Cesare Pagnini, poi podestà cittadino negli anni più difficili della storia triestina, i letterati Gino de Farolfi, Antonio Palin, Ferdinando Prosperi, i geografi Alessandro Cuccagna e Giorgio Valussi, lo storico Carlo Schiffrer, il rabbino capo Israele Zoller.

Per molti anni fu bidello Ovidio Paron, pioniere del calcio con l’Unione Sportiva Triestina. Lungo potrebbe essere l’elenco degli allievi usciti da questa scuola che hanno assunto incarichi di alta responsabilità nella società italiana.

Tra guerra e dopoguerra
Altrettanto alto è stato il tributo di allievi ed insegnanti caduti nelle guerre italiane dal 1935 al 1945, di giovani travolti dal turbine bellico nei deserti dell’Africa e nella steppa russa come nel fango della Grecia e dell’Albania, nelle file della Resistenza, sulle forche naziste, nella difesa dell’italianità della Venezia Giulia, impugnando le armi ed insorgendo contro i tedeschi, e nei campi di concentramento jugoslavi, a guerra finita.

I loro nomi, e nemmeno tutti, sono raccolti su una lapide posta all’atrio, opposta a quella che ricorda gli irredenti caduti nella prima guerra mondiale. Cinque le medaglie d’oro che esemplificano il travaglio di una generazione: Pietro Accolto, Aldo Brandolin, Ferruccio Dardi, Sergio Laghi, ai quali si può aggiungere Eugenio Curiel, studente per breve periodo al “Da Vinci”, medaglia d’oro, confinato a Ventotene, animatore della Resistenza e fucilato a Milano nel 1945.

In seguito agli eventi armistiziali dell’8 settembre 1943, l’edificio fu due volte occupato dalle truppe tedesche, costringendo insegnanti e studenti ad un stretta coabitazione, e poi dal X battaglione della Guardia Nazionale Repubblicana. Dal luglio 1944 l’intera sede venne requisita dalle autorità militari germaniche, costringendo il “da Vinci” ad una sistemazione provvisoria su quattro turni presso l’Istituto Tecnico Mercantile “Gian Rinaldo Carli”. Nel frattempo l’edificio aveva subito danni da due bombardamenti aerei che non avevano però compromesso i laboratori ed i gabinetti scientifici.

A guerra conclusa, tra il maggio e il giugno 1945 divenne sede di un distaccamento dell’esercito partigiano jugoslavo e di un comitato popolare, quindi caserma per i soldati neozelandesi; poi fu destinato dalle autorità militari anglo-americane a Centro Raccolta Profughi almeno fino al 1947, quando le medesime decisero di trasformarlo in ospedale militare statunitense, più esattamente il “7th Station Hospital”.

Per il “da Vinci” venne individuata una sede provvisoria presso l’ex Scuola di Avviamento Professionale “Carlo Stuparich” di via Pascoli che tale rimarrà fino al 1954, quando l’edificio fu restituito dal Governo Militare Alleato all’autorità scolastica nell’imminenza del ritorno di Trieste all’Italia.

Purtroppo tutte queste traversie compromisero l’integrità delle collezioni storiche e scientifiche provocando la dispersione di antichi strumenti didattici e lo smantellamento di alcuni laboratori.

Il ritorno in via Paolo Veronese
Dopo due anni di radicali lavori interni, il 19 settembre 1956 il “da Vinci” rientrò nell’edificio di via Veronese, accogliendo in un’ala, oltre la Scuola Media annessa, la costituenda “Scuola d’arte, decorazione ed arredamento navale”, che usufruiva come laboratori pure di tre baracche nel cortile.

In quell’anno l’Istituto Tecnico contava oltre settecento allievi, con ventisette aule e otto gabinetti tecnico-scientifici (geografia e storia, chimica, merceologia, fisica, storia naturale, disegno, agronomia, costruzioni, topografia, ragioneria), più due palestre, due sale da disegno, due biblioteche (alunni e studenti) e tre aule speciali.

A metà degli anni settanta la sezione Geometri, nell’ambito del riordino degli Istituti Tecnici, assunse totale autonomia, come Istituto Tecnico per Geometri “Max Fabiani”, ottenendo una nuova e più funzionale sede. Per l’I.T.C. “Leonardo da Vinci” inizia una fase di difficoltà dovuta anche al declino degli studi ragionieristici tradizionali, sostituiti dalla sperimentazione IGEA e ITER; tale declino fu dovuto anche alla mancata opportunità di aggiornare l’offerta didattica davanti alla competizione di altre scuole secondarie.

L’importanza dello studio delle lingue straniere, che costituisce la cifra caratterizzante dell’Istituto, unitamente alle esperienze di stage, alla ricchezza dell’offerta formativa e ai riconoscimenti ottenuti in concorsi a livello nazionale, hanno di recente iniziato a restituire al “da Vinci” il prestigio e il ruolo che merita nel panorama degli istituti superiori a livello provinciale.